Avrete notato che la cuoca al termine di ogni ricetta regala la chicca del consiglio del sommelier… ma chi è il sommelier? Sempre la cuoca (una donna, una trasformista!).
Quando la cuoca era giovane e bella le piaceva molto bere il vino… e bevendo bevendo decise di iscriversi ad un corso AIS per diventare sommelier. Ha fatto tutti e tre i corsi, non solo quello per amatori, e ha impiegato quasi tre anni per diplomarsi, ma oltre ad aver imparato tante cose interessanti si è anche divertita molto. L’esame per diventare sommelier lo ha tenuto il 14 maggio 1999, il giorno prima di sposarsi. Meraviglia… Al matrimonio ci è arrivata sobria però!
Durante i corsi si sono avvincendati parecchi docenti: c’erano quelli regionali che raccontavano le dolcezze dei vini della propria regione, quelli che insegnavano a degustare il vino e poi un’altra serie di docenti più specializzati che aiutavano nel percorso degli abbinamenti cibo vino.
Uno di questi docenti era il titolare dell’enoteca dove si svolgeva il corso. Era una persona di una ignoranza spaventosa e la cuoca non lo sopportava. Non era l’ignoranza a spostare i nervi della cuoca, perchè se una persona è ignorante quasi mai è colpa sua, ma era la presunzione. Costui non riusciva a mettere due parole corrette in fila, aveva una grammatica tutta sua, quindi era difficilissimo seguirlo nei suoi discorsi, ma la cosa urtante era la sua prosopopea… sapeva tutto lui. Una volta si lanciò nell’articolato argomento dell’influenza delle dominazioni straniere sulla lingua e sulla cucina napoletana. Disse testualmente: “Quinti abbiamo il gattò che deriva da gattò, il sartù che deriva da sartù, il ragù che deriva da ragù e le crocchette che deriva dalle crocchette”…
Allora mò ve lo spiego io: il gattò deriva da gateau, che significa torta ed in effetti è una squisita torta di patate, salame, provola…(mamma mia cuoca, da quanto tempo non lo facciamo?), il sartù deriva da sur tout, perchè i cuochi francesi che nel settecento operavano nelle case della nobiltà napoletana preparavano questi bei tianelli di melanzane, piselli, carne su cui mettevano il riso (sopra a tutto), il ragù deriva dal verbo ragouter che significa stuzzicare l’appetito e le crocchette devono il loro nome al verbo croquer, sgranocchiare.
Oggi parliamo di sartù, quello bello napoletano che fa il principe e che le fatine mangiano con avidità dicendo che è “delizioso”… pieno pieno di sugo e macinato… i pisellini…. la provola… fantastico! Passo subito a dare la ricetta:
INGREDIENTI
1kg di riso parboiled
2lt di brodo vegetale
500gr di macinato di manzo
300gr di macinato di maiale (o salsiccia sbriciolata, come si preferisce)
2 bottiglie di passata di pomodoro
300gr di pisellini primavera
300gr di provola a tocchetti
80gr di parmigiano
1 carota
2 cipolle
1 costa di sedano
basilico
sale qb
olio
PROCEDIMENTO
Tagliare la carota, una cipolla e la costa di sedano a tocchettini e far soffriggere in una capiente casseruola con due cucchiai di olio. Aggiungere la carne e quando ha cambiato colore aggiungere la passata di pomodoro. Salare e far cuocere per circa 1 ora, la carne non deve assorbire tutta la passata. Nel frattempo affettare molto sottilmente l’altra cipolla e farla appassire in una padella con un cucchiaio d’olio. Quando è diventata trasparente aggiungere i pisellini, farli insaporire nella cipolla, quindi aggiungere due bicchieri di acqua, e far cuocere a fiamma dolce fino a quando l’acqua non sarà tutta evaporata. Accendere il forno a 200°. In una pentola capiente far lessare il riso nel brodo per circa sette minuti o per la metà del tempo di cottura. Scolarlo e condirlo con tre quarti del ragù, i pisellini e metà pamigiano. A questo punto in una teglia da forno fare una base con metà del ragù rimasto, versare uno strato di riso e uno di provola e continuare fino ad esaurimento. Livellare, aggiungere il sugo e il parmigiano rimasti. Infornare per 20 minuti. Se si preferiscono porzioni tagliate regolarmente lasciar freddare un pochino, se invece non fa niente che il sartù si squaquaracchia tutto nel piatto servire subito.
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IDEA CARINA: servirlo in monoporzione come nella foto, con il cuore di pisellini e provola, avendo cura di ungere leggermente lo stampino prima della cottura.
L’ANGOLO DEL SOMMELIER: il sartù è un piatto complesso, sostanzioso e tutto sommato unto, quindi avremo bisogno di un vino non invecchiato ma piuttosto strutturato che riesca a sostenere e accompagnare il gusto del riso e che asciughi il palato. Abbineremo un Biferno DOC rosso del Molise, oppure per rimanere in Campania un Vesuvio DOC rosso.
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